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domenica 4 maggio 2014

LA GRANDE OPERA UTILE: IL RIPRISTINO DI SECCHIA E PANARO

La situazione dei fiumi modenesi rapprenta ormai una emergenza cronica con caratteri di gravità di livello regionale e nazionale. Occorre prendere atto che la semplice manutenzione, ordinaria o straordinaria che sia, non è più sufficiente a garantire livelli di sicurezza adeguati e permanenti. Ma anche questo non basta: occorre riflettere in modo nuovo e coraggioso sul perché siamo giunti a questa situazione.

La situazione di degrado nella quale si trovano oggi i fiumi modenesi è il frutto di un percorso storico durato circa due secoli, che ha visto l’opera dell’uomo rivolta con sempre maggiore energia a sottrarre al fiume i suoi spazi naturali. Tale processo si è poi enormemente accellerato negli ultimi 60 anni, con l’avvento di un modello di sviluppo basato sul consumo di territorio, il modello “cemento e mattone”. L’escavazione della ghiaia, prima dentro l’alveo e poi nelle conoidi, l’urbanizzazione massiccia che ha interessato anche le aree più vulnerabili, la riduzione dei suoli agricoli (negli ultimi 30 anni il ritmo di urbanizzazione in Emilia Romagna è di 8 ettari al giorno!) e la sempre più estesa impermeabilizzazione dei terreni hanno alterato il contesto ambientale, rendendolo precario è impoverito nelle sue risorse: suoli fertili, biodiversità ed acqua. Parlare di fiumi infatti vuol dire parlare di acque, acque superficiali ed acque sotterranee: per intenderci quelle che alimentano i nostri pozzi, quelle indispensabili per mantenere ambienti naturali e vivibili, per l’uomo e per le altre specie.

Oggi i nostri fiumi sono ridotti di fatto a dei canali, stretti fra argini sempre meno sicuri, obbligati a portare l’acqua al mare nel minor tempo possibile. Il risultato è che da un lato i fiumi non alimentano più il sistema delle falde con l’efficacia di un tempo (ed i suoli sono sempre più aridi), dall’altro nei momenti di maggiore piovosità il sistema non regge e le piene diventano sempre più lunghe e più pericolose. E in questa situazione di degrado le variazioni del clima con la concentrazione degli eventi piovosi, pur in un contesto di minori precipitazioni complessive, hanno reso il contesto ancora più fragile.

Ovviare a queste situazioni con le casse d’espansione, che altro non sono che cave riciclate, non basta più. Oggi bisogna porsi l’obiettivo strategico di restituire al Secchia ed al Panaro la loro fisionomia e la loro funzionalità idrogeologica. Non si può pensare di rendere i nostri fiumi più sicuri semplicemente sterminando nutrie e volpi o tornando a scavare negli alvei.

Ai nostri fiumi serve una impegnativa opera di restauro ambientale, che gli ridia spazio, che ne ripristini la funzionalità, che ne recuperi i paesaggi e gli ambienti naturali tipici, che ponga rimedio ai guasti del passato e che ponga le basi per una più avanzata e corretta convivenza con i nostri fiumi, che sono e resteranno elementi indispensabili ed ineliminabili del nostro territorio. E non è un utopia, esempi in altri paesi non mancano (per fare esempi in paesi vicini a noi il fiume Rodano in Francia e diversi interventi sui fiumi svizzeri).

Tutto ciò ovviamente richiederà risorse, perché ricostruire il Secchia ed il Panaro è davvero una grande opera. Molto più utile ed importante delle autostrade e della TAV. E questo chiama in causa non solo le amministrazioni locali e la Regione, ma anche e soprattutto il Governo nazionale e la Comunità Europea: indirizzi strategici di tale portata, e le relative risorse, devono arrivare dal livello più alto.

E tutto ciò ovviamente richiederà tempo, non si cambia dalla mattina alla sera una situazione che si è storicamente determinata in tanti decenni. Ma il compito della politica è questo, pensare al futuro, individuare obiettivi che vadano oltre la durata di una legislatura o di un’amministrazione, cercare le soluzioni più efficaci e non quelle apparentemente più facili o, peggio ancora, più remunerative per qualcuno.

Intanto sarebbe importante invertire la rotta e rinunciare, ad esempio, a mettere sul fiume Secchia quella vera e propria pietra tombale rappresentata dalla Bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo, opera assolutamente inutile e devastante, di cui stranamente nessuno parla in questa campagna elettorale, fra 50 anni i nostri nipoti si chiederanno chi è stato tanto incosciente da volerne la realizzazione.

Stefano Lugli
Candidato al Parlamento Europe nella lista L’Altra Europa con Tsipras
Circoscrizione Nord est

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