Il 23 novembre, alle elezioni regionali,
sarà candidato per la lista L’Altra Emilia Romagna che nasce dall’esperienza
europea con Tsipras. È Stefano Lugli, che nel suo ruolo di segretario Regionale
di Rifondazione Comunista ha traghettato il partito in questa esperienza politica
SEL? PRONTA A REALIZZARE LE POLITICHE DI DESTRA DEL PD
Lugli, che cos’è L’Altra Emilia Romagna?
«È una lista di sinistra che
raccoglie il grande lavoro dei Comitati nati a sostegno di Tsipras in occasione
delle elezioni europee e a cui Rifondazione non ha mai smesso di contribuire.
Si tratta di una lista della sinistra di cittadinanza e candida persone
impegnate nelle principali vertenze attive in Regione. Il mio stesso profilo di
persona che da anni si batte in numerose battaglie ambientali la rappresenta a
pieno».
Avete scelto come candidata una insegnate di Parma. È la persona
giusta?
«Cristina Quintavalla è stata
candidata come me alle europee ed ha alle spalle una lunga esperienza nei
movimenti per i diritti del lavoro e contro lo sfruttamento del territorio, ed
è stata anche consigliera comunale. Recentemente ha contribuito alle
mobilitazioni che hanno portato alle dimissioni del sindaco di Parma. Ha le
carte in regole per parlare alla regione con gli occhi di chi conosce le
sofferenze della società».
Ma alle europee con voi c’era Sel, che alle regionali è alleata con il
Pd. Come giudica questa scelta?
«È una scelta che rispetto ma che
trovo incomprensibile. Davvero non comprendo come possa Sel stare in una
coalizione con un Pd che fa politiche di destra e candida Presidente Bonaccini che
è il braccio destro di Renzi, ovvero la garanzia della continuità in Regione
delle politiche renziane che in Parlamento Sel contesta. Una contraddizione
enorme con l’aggravante di aver interrotto un percorso unitario a sinistra».
Quali istanze porterebbe in Regione?
«Il lavoro prima di tutto. In Regione
la disoccupazione è al 9% e quella giovanile è al 33%. Con un job act che non
investe un euro nella creazione di lavoro ma certifica la precarietà a vita per
chiunque. La Regione risponde alla crisi con logiche vecchie confondendo lo
sviluppo con la costruzione di nuove autostrade. Proponiamo un piano per il lavoro che crei 50.000 occupati attraverso
la messa in sicurezza del territorio e la riconversione ecologica dell’industria.
E proponiamo che le enormi risorse destinate alle quattro nuove autostrade
siano dirottate per questo obiettivo».
Lei vive e lavora nell’area del cratere sismico. Quali proposte per la
ricostruzione?
Ogni giorno mi muovo nella bassa
modenese e quando dico che la burocrazia frena la ricostruzione parlo di
abitazioni che impiegano due anni prima di avviare i lavori e questo si traduce
nel fatto che l’87% delle risorse per la ricostruzione devono ancora essere
spese. È una situazione non più tollerabile a cui vogliamo porre rimedio. E la
prima cosa da fare è mettere mano a una struttura commissariale che non
risponde a nessuno, nemmeno al Consiglio regionale.
Il decreto sblocca Italia potrebbe riaprire molte vertenze modenesi. È
preoccupato?
Il decreto Sblocca Italia è una
mina per questo territorio. Consolida la privatizzazione dell’acqua, consente
l’arrivo di rifiuti da ogni parte d’Italia e riapre la possibilità di
realizzare lo stoccaggio gas di Rivara eliminando il parere delle regioni. E
poi la Cispadana, il fatto che la Regione abbia ceduto la realizzazione
dell’opera allo Stato non è altro che la certificazione del fallimento di chi
insegue un’opera sbagliata dal 2006. Mi fa sorridere Bonaccini quando promette
il consumo zero di suolo e al tempo stesso l’Autostrada Cispadana.
Dalle europee alle regionali. Perché questo impegno?
«Perché c’è un filo conduttore
che lega il rigore iniquo dell'Europa all'austerity del governo nazionale fino
ai tagli imposti alle Regioni che sono poi pagati dalla cittadinanza con riduzioni
dei servizi e privatizzazioni. Noi vogliamo risalire dal basso questo filo per
portare in Regione le nostre proposte anticrisi e fare dell’Emilia Romagna la Regione
meno disuguale d’Italia».
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