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sabato 8 maggio 2010

8. PER UNA GESTIONE PARTECIPATA DEI BENI COMUNI

          La Consulta dei beni comuni
L’acqua, l’aria, la terra sono beni comuni dei cittadini che devono essere gestiti in modo trasparente e partecipato nell’interesse esclusivo della collettività. Per questo proponiamo l’istituzione di una Consulta dei beni comuni, composta da cittadini singoli e associati, che garantisca la gestione partecipata dei beni riconosciuti come comuni attraverso la partecipazione di un proprio rappresentante alle sedute dei Consigli d’Amministrazione in cui il Comune è presente. Obiettivi, valutazione dei risultati, nomine nei consigli d’amministrazione e bilanci delle società pubbliche o partecipate dal Comune devono essere pubblici e le informazioni al riguardo devono essere di facile accesso.
Il ruolo di una Consulta dei beni comuni assume un valore ancora più rilevante dal momento che la prossima legislatura sarà impegnata nella redazione del Piano Strutturale Comunale, che realizzeremo in modo partecipato.

          Acqua pubblica per Statuto

Finale Emilia, da diversi decenni, è parte attiva del “bacino Sorgea Acqua”, società in house a capitale pubblico composta da 5 Comuni tra le provincie di Modena e Bologna. Tale scelta, fatta dalle precedenti Amministrazioni, si è rilevata lungimirante avendo permesso, pur tra tante difficoltà legislative, il mantenimento sotto il controllo pubblico di un settore strategico come quello idrico. Per rafforzare ulteriormente tale peculiarità, e porre l’acqua pubblica al riparo dell’ideologia privatizzatrice del Governo tramite il cosiddetto “Decreto Madia”, ci impegniamo a modificare lo Statuto del Comune di Finale Emilia per inserire l’affermazione che “l’acqua è un diritto umano universale e un bene comune privo di rilevanza economica”.
Ci impegniamo inoltre affinché l’assemblea dei soci-Sindaci di Sorgea Acqua scelga di trasformare la società in Azienda Speciale con controllo pubblico al 100%, in conformità con i principi e la normativa comunitaria ad ulteriore garanzia che interventi legislativi esterni non possano imporre scellerate privatizzazioni.

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